domingo, 28 de junio de 2009
viernes, 19 de junio de 2009
martes, 16 de junio de 2009
Problemática 1.0
Frente a la compleja realidad social y cultural limeña, nos centraremos en la producción arquitectónica contemporánea de los asentamientos periféricos. Dichas urbanizaciones son producto, en la mayor parte de los casos, de invasiones ilegales de terrenos públicos o privados que, con el paso del tiempo, se han ido consolidando hasta conseguir el status de distrito.
Las viviendas iniciales, con muros de esteras de paja, estructuras de madera y pisos de tierra, a medida que la situación de sus habitantes mejoraba, han dado paso a construcciones en “material noble” (ladrillo, cemento, concreto armado), dentro de barrios consolidados. Estas nuevas viviendas, locales públicos y establecimientos comerciales, son, en la gran mayoría de casos, producto de la autoconstrucción. Es decir, que su diseño no corresponde a la elaboración de profesional alguno (arquitecto o ingeniero civil), sino que ha sido concebida por sus habitantes y construida, en la mayoría de casos, de manera paulatina y sin licencia municipal.
No se trata de construcciones mínimas, ni pobres, ni carentes de comodidades. La tenencia de terreno y vivienda es una condición de valor sustancial para los nuevos pobladores de la ciudad y las nuevas construcciones se planifican con ilusión y cuidado. Se trata, más allá de un recinto que protege, de un símbolo de pertenencia, de status o de proveniencia. Es una arquitectura que, en su calidad de obra de arte parlante, está cargada de símbolos, ornamento, elementos formales, que representan un conjunto complejo de afectos y aspiraciones de sus habitantes.
La ciudad tradicional, por medio de sus clases dominantes, lejos de asumir esta lectura, toma una postura desdeñosa frente a las nuevas manifestaciones de arte popular-urbano. Como señala Guillermo Nugent, “la crítica ilustrada y aquella de los “establecidos”, han coincidido en la descalificación, tanto moral como política, de la cultura de masas […] porque la considera una insignia, una señal de reconocimiento, de aquellos que “llegaron después” a todo: a la ciudad, a la educación escolar, al prestigio basado en el esfuerzo profesional.” (Nugent, 2001: 481)
Es entonces que, tradicionalmente, persiste una actitud de desprecio frente a dichas manifestaciones culturales, especialmente artísticas. En la actualidad, paralelamente, ha surgido una serie de intelectuales (artistas, periodistas) que adoptan una postura de indulgente fascinación, una suerte de idealización de las manifestaciones “criollas” de mestizaje popular que, lejos de reivindicarlas, parece alejarlas más de la realidad de la ciudad al volverlas objetos de observación, estudio, alabanza, más no de integración. Las “señales” empleadas por quienes realizan esta valoración de las manifestaciones culturales mestizas, es decir, aquello que las diferencia de lo “oficial”, tiene que ver, básicamente, con criterios estéticos. La forma, los colores, las proporciones, son algunas de las características que diferencian la nueva arquitectura periférica de los “cánones oficiales”, a pesar de la voluntad de la primera por amalgamarse con la ciudad a la que pertenece.
Los estudios, promovidos por instituciones tanto públicas como privadas, que tienen como centro las urbanizaciones periféricas en Lima Metropolitana, se han centrado en temas de carácter sociológico o urbanístico. El centro de las preocupaciones está en la resolución de un problema social que afecta al conjunto de la ciudad y en la integración vial y formal de estas áreas al tejido urbano.
En el presente estudio, en cambio, admitiendo la realidad problemática de los nuevos asentamientos humanos periféricos y su adhesión a la capital, analizaremos los aspectos formales y estéticos ligados al significado y al surgimiento de una nueva arquitectura contemporánea, que es, a su vez, una importante manifestación cultural del nuevo habitante de Lima Metropolitana.
lunes, 15 de junio de 2009
Problematica 1.0
Di fronte alla complessità della realtà sociale e culturale a Lima, ci centriamo nella produzione architettonica contemporanea nei sviluppi urbani periferici. Questi sviluppi nascono, nella maggioranza dei casi, da invasioni illegali in terreni pubblici e privati che, con il passo del tempo, si sono consolidati fino a conseguire lo status di quartiere.
Le prime abitazioni, fatte da paglia intrecciata, strutture di legno e suolo di terra compresa, man mano che la situazione dei suoi abitanti migliorava, sono diventate edifici di mattone, cemento, concreto armato, e fanno parte di quartieri consolidati. Le nuove abitazioni, i locali pubblici e gli stabilimenti commerciali sono, nella maggioranza dei casi, prodotti dalla autocostruzione. Cioè, la loro progettazione non è stata fatta dai professionisti, siano architetti che ingegneri edili, bensì sono stati concepiti dai suoi abitanti e costrutti in maniera graduale e, in molti casi, senza i permessi dal municipio.
Alla fine questi edifici non sono minimi, né poveri, né scomodi. Possedere un terreno e un’abitazione è una condizione di valore sostanziale per i nuovi abitanti della città e i nuovi edifici si progettano con cura e illusione. Più da un recinto che protegge, si tratta di un segno di appartenenza, di status o di provenienza. E’ un’architettura che, nella sua qualità di opera d’arte parlante, e piena di simbolismo, dato dal ornamento e dagli elementi formali, che rappresenta un complesso insieme di affetti e aspirazioni dei loro abitanti.
La città tradizionale, per mezzo delle sue classe dominanti, e non volendo assumere questa lettura, prende una posizione di disdegno in fronte dalle nuove manifestazioni di arte popolare-urbano. Come segnala Nugent, “la critica illustrata e quella dei “stabiliti”, hanno concordato nella squalificazione, sia morale che politica, della cultura di massa […] perché la considera una insegna, un segno di riconoscimento, di quelli che “sono arrivati dopo” a tutto: alla città, alla educazione scolastica, al prestigio che si basa nello sforzo professionale.” (Nugent, 2001: 481)
Perciò, in maniera tradizionale, persiste un’attitudine di sottovalutazione di fronte alle suddette manifestazioni culturali. Nell’attualità, in parallelo, c’è un gruppo d’intellettuali (artisti, giornalisti) che adottano una posizione d’indulgente fascino, una sorta d’idealizzazione delle manifestazioni creole dal meticcio popolare che, lontano da rivendicarle, sembra di voler allontanarle in più dalla realtà della città, al guardarle come oggetti d’osservazione, studio, lode, ma non d’integrazione.
Quello che distingue le manifestazioni culturali meticci dalla cultura “ufficiale” parte da elementi estetici. La forma, i colori, le proporzione sono alcune delle caratteristiche che distinguono la nuova architettura periferica dei canoni ufficiali, anche se la prima si fa con la voglia manifesta di amalgamarsi con la città nella quale viene inserita.
Gli studi, promossi da istituzioni sia pubbliche che private, che hanno come centro i sviluppi urbani periferici a Lima Metropolitana, si sono focalizzati in temi di carattere sociologico o di pianificazione urbana. Il centro delle preoccupazioni è nella risoluzione di un problema sociale che ha un rapporto con la città come insieme e nel’integrazione viale e formale di queste nuove aree nel tessuto urbano.
Nel presente studio, invece, ammettendo la realtà problematica dei nuovi sviluppi urbani periferici e la sua adesione alla capitale, si analizzeranno i aspetti formali ed estetici legati al significato ed al sorgere di una nuova architettura contemporanea che è, allo stesso tempo, un’importante manifestazione culturale del nuovo abitante di Lima Metropolitana.
Le prime abitazioni, fatte da paglia intrecciata, strutture di legno e suolo di terra compresa, man mano che la situazione dei suoi abitanti migliorava, sono diventate edifici di mattone, cemento, concreto armato, e fanno parte di quartieri consolidati. Le nuove abitazioni, i locali pubblici e gli stabilimenti commerciali sono, nella maggioranza dei casi, prodotti dalla autocostruzione. Cioè, la loro progettazione non è stata fatta dai professionisti, siano architetti che ingegneri edili, bensì sono stati concepiti dai suoi abitanti e costrutti in maniera graduale e, in molti casi, senza i permessi dal municipio.
Alla fine questi edifici non sono minimi, né poveri, né scomodi. Possedere un terreno e un’abitazione è una condizione di valore sostanziale per i nuovi abitanti della città e i nuovi edifici si progettano con cura e illusione. Più da un recinto che protegge, si tratta di un segno di appartenenza, di status o di provenienza. E’ un’architettura che, nella sua qualità di opera d’arte parlante, e piena di simbolismo, dato dal ornamento e dagli elementi formali, che rappresenta un complesso insieme di affetti e aspirazioni dei loro abitanti.
La città tradizionale, per mezzo delle sue classe dominanti, e non volendo assumere questa lettura, prende una posizione di disdegno in fronte dalle nuove manifestazioni di arte popolare-urbano. Come segnala Nugent, “la critica illustrata e quella dei “stabiliti”, hanno concordato nella squalificazione, sia morale che politica, della cultura di massa […] perché la considera una insegna, un segno di riconoscimento, di quelli che “sono arrivati dopo” a tutto: alla città, alla educazione scolastica, al prestigio che si basa nello sforzo professionale.” (Nugent, 2001: 481)
Perciò, in maniera tradizionale, persiste un’attitudine di sottovalutazione di fronte alle suddette manifestazioni culturali. Nell’attualità, in parallelo, c’è un gruppo d’intellettuali (artisti, giornalisti) che adottano una posizione d’indulgente fascino, una sorta d’idealizzazione delle manifestazioni creole dal meticcio popolare che, lontano da rivendicarle, sembra di voler allontanarle in più dalla realtà della città, al guardarle come oggetti d’osservazione, studio, lode, ma non d’integrazione.
Quello che distingue le manifestazioni culturali meticci dalla cultura “ufficiale” parte da elementi estetici. La forma, i colori, le proporzione sono alcune delle caratteristiche che distinguono la nuova architettura periferica dei canoni ufficiali, anche se la prima si fa con la voglia manifesta di amalgamarsi con la città nella quale viene inserita.
Gli studi, promossi da istituzioni sia pubbliche che private, che hanno come centro i sviluppi urbani periferici a Lima Metropolitana, si sono focalizzati in temi di carattere sociologico o di pianificazione urbana. Il centro delle preoccupazioni è nella risoluzione di un problema sociale che ha un rapporto con la città come insieme e nel’integrazione viale e formale di queste nuove aree nel tessuto urbano.
Nel presente studio, invece, ammettendo la realtà problematica dei nuovi sviluppi urbani periferici e la sua adesione alla capitale, si analizzeranno i aspetti formali ed estetici legati al significato ed al sorgere di una nuova architettura contemporanea che è, allo stesso tempo, un’importante manifestazione culturale del nuovo abitante di Lima Metropolitana.
domingo, 14 de junio de 2009
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