martes, 10 de noviembre de 2009

La distinzione. Critica sociale del gusto (P. Bourdieu)

"E' proprio come se l'"estetica popolare" si fondasse sull'affermazione della continuità tra arte e vita, che implica la subordinazione della forma alla funzione o, se preferiamo, sul rifiuto di quel rifiuto che costituisce il principio stesso dell'estetica colta, di quel taglio che separa nettamente le attitudini ordinarie dall'atteggiamento estetico in senso proprio. [...] A tratro, come al cinema, il pubblico popolare si appassiona agli intrecci logicamente e cronologicamente indirizzati verso un happy end e si "riconosce" di più nelle situazioni e nei personaggi disegnati in modo semplice, che non nelle figure e nelle azioni ambigue e simboliche o nei problemi enigmatici. [...] All'origine di queste reticenze e di questi rifiuti non c'è solo una mancanza di familiarità, ma anche una profonda attesa di partecipazione, che la ricerca formale sistematicamente delude, sopratutto quando [...] (rifiuta) di prestarsi alle seduzioni "volgari" di un'arte che si basa sull'illusione." (pp. 29, 30)

"Lo spettacolo popolare è quello che produce in modo inseparabile la partecipazione individuale dello spettatore allo spettacolo e la partecipazione colettiva alla festa di cui lo spettacolo costituisce l'occasione. E' per questo che, con le manifestazioni collettive che suscitano e con il dispiegamento di fasto spettacolare che offrono (si pensi al music-hall, all'operetta o al film spettacolare), la fantasmagoria degli scenari, l'ardore degli attori, lo sfavillio dei costumi, il trasporto della musica, la vivacità dell'azione degli spettacoli popolari danno sodisfazione, come tutte le forme di comico e sopratutto quelli che producono i loro effetti con la parodia o con la satira dei "grandi" (imitatori, chansonniers, ecc.), al gusto ed al senso della festa, del parlare sboccato, dello scherzo sguaiato, che hanno un potere liberatorio mettendo a testa in giù al mondo sociale, rovesciando le convenzioni e le convenienze." (pp. 31, 32)

"Ci troviamo qui all'estremo opposto del distacco dell'esteta il quale, come vediamo ogni volta che egli si appropria di un oggetto del gusto popolare, western o fumetto, introduce una distanza, uno scarto, che è misura della sua distaccata distinzione, nei confronti della percezione "di primo grado", e questo spostando l'interesse dal "contenuto", personaggi, peripezie, ecc., alla forma, agli effetti propriamente artistici che non si possono apprezzare se non in relazione, attraverso un confronto con altre opere che esclude completamente l'immersione nelle caratteristiche particolari dell'opera in quanto tale. Distacco, disinteresse, indifferenza, di cui la teoria estetica ha ripetuto tante volte che costituiscono l'unico modo di riconoscere l'opera d'arte per quello che è, autonoma, selbständing, al punto che si finisce per dimenticare che significano veramente disinvesti mento, distacco, indifferenza, vale a dire rifiuto di lasciarsene investire e di prenderla sul serio." (p. 32)

BOURDIEU, Pierre: La distinzione. Critica sociale del gusto. Il Mulino. Bologna, 2001.

domingo, 8 de noviembre de 2009

La invención del cotidiano (Michel De Certeau)



"La marginalidad de hoy ya no asume la figura de pequeños grupos, sino la de una marginación difusa; la actividad cultural de los no-productores de cultura, anónima, no legible, no simbolizada y que se mantiene como la única posible para todos aquellos que incluso pagan, adquiriéndolos, los productos - espectáculos que exploran una economía productivísta. La marginalidad, entonces, se universaliza. Se ha vuelto una mayoría silenciosa.

"Esto no significa, sin embargo, que ésta sea homogénea [...] la falta de medios de información, de bienes de financiamiento y de "aseguraciones" de cualquier tipo exige un adicional de astucia, de capacidad de soñar o de reír."

DE CERTEAU, Michel: L'invenzione del quotidiano. Lavoro. Roma, 2001. p. 13.

L'invenzione del quotidiano (Michel De Certeau)



"La marginalità non assume più oggi la figura di piccoli gruppi, bensì quella di un'emarginazione diffusa; è l'attività culturale dei non-produttori di cultura, anonima, non leggibile, non simbolizzata, e che resta la sola possibile per tutti coloro che pure pagano, acquistandoli, i prodotti - spettacoli che scandiscono un'economia produttivistica. La marginalità dunque si universalizza. E' divenuta maggioranza silenziosa.

"Ciò non significa però che sia omogenea [...] la carenza di mezzi d'informazione, di beni finanziari e di "assicurazioni" d'ogni tipo esige un di più di astuzia, di capacità di sognare o di ridere"

DE CERTEAU, Michel: L'invenzione del quotidiano. Lavoro. Roma, 2001. p. 13.

Soy provinciano

Soy muchacho provinciano
me levanto muy temprano
para ir con mis hermanos
ayayayay a trabajar.

No tengo padre ni madre
Ni perro que me ladre
sólo tengo la esperanza
ayayay de progresar.

Busco una nueva vida
en esta ciudad
donde todo es dinero
y hay maldad
con la ayuda de Dios
se que triunfaré
y junto a ti mi amor
que feliz seré.

Juan Rebaza, 1978
Cantada por Chacalón

viernes, 6 de noviembre de 2009

jueves, 5 de noviembre de 2009

La chicha no muere ni se destruye, sólo se transforma (Jaime Bailón)

"La chicha es un género musical producto de una multiplicidad de agenciamientos y punto de encuentro de matrices culturales locales y globales; destacan entre los más importantes el huayno mestizo, la cumbia colombiana y ritmos cubanos diversos. Tal diversidad parece ser el secreto de la extraordinaria vitalidad de la chicha, característica que le ha permitido resistir los embates de la producción discográfica transnacional. Los "chicheros", músicos y consumidores, tienen un origen muy popular (migrantes o hijos de migrantes de la sierra y selva del Perú).

[...]

El Perú es reconocido desde hace un buen tiempo como país chicha. Este adjetivo suele calificar alguno de nuestros múltiples rostros. "Chicha" puede significar incompetencia pero también creatividad, la quinta esencia del mal gusto o la búsqueda desesperada de originalidad, la falta de preparación o un pragmatismo inquebrantable capaz de fabricar soluciones al minuto. Estas son las diversas acepciones del vocablo "chicha" y también algunas de las pautas del comportamiento de los pobladores del Perú."


BAILÓN, J. (2004). "La chicha no muere ni de destruye, sólo se transforma." Íconos. Revista de Ciencias Sociales, Facultad Latinoamericana de Ciencias Sociales, Sede Académica de Ecuador, 53-62.
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