"E' proprio come se l'"estetica popolare" si fondasse sull'affermazione della continuità tra arte e vita, che implica la subordinazione della forma alla funzione o, se preferiamo, sul rifiuto di quel rifiuto che costituisce il principio stesso dell'estetica colta, di quel taglio che separa nettamente le attitudini ordinarie dall'atteggiamento estetico in senso proprio. [...] A tratro, come al cinema, il pubblico popolare si appassiona agli intrecci logicamente e cronologicamente indirizzati verso un happy end e si "riconosce" di più nelle situazioni e nei personaggi disegnati in modo semplice, che non nelle figure e nelle azioni ambigue e simboliche o nei problemi enigmatici. [...] All'origine di queste reticenze e di questi rifiuti non c'è solo una mancanza di familiarità, ma anche una profonda attesa di partecipazione, che la ricerca formale sistematicamente delude, sopratutto quando [...] (rifiuta) di prestarsi alle seduzioni "volgari" di un'arte che si basa sull'illusione." (pp. 29, 30)
"Lo spettacolo popolare è quello che produce in modo inseparabile la partecipazione individuale dello spettatore allo spettacolo e la partecipazione colettiva alla festa di cui lo spettacolo costituisce l'occasione. E' per questo che, con le manifestazioni collettive che suscitano e con il dispiegamento di fasto spettacolare che offrono (si pensi al music-hall, all'operetta o al film spettacolare), la fantasmagoria degli scenari, l'ardore degli attori, lo sfavillio dei costumi, il trasporto della musica, la vivacità dell'azione degli spettacoli popolari danno sodisfazione, come tutte le forme di comico e sopratutto quelli che producono i loro effetti con la parodia o con la satira dei "grandi" (imitatori, chansonniers, ecc.), al gusto ed al senso della festa, del parlare sboccato, dello scherzo sguaiato, che hanno un potere liberatorio mettendo a testa in giù al mondo sociale, rovesciando le convenzioni e le convenienze." (pp. 31, 32)
"Ci troviamo qui all'estremo opposto del distacco dell'esteta il quale, come vediamo ogni volta che egli si appropria di un oggetto del gusto popolare, western o fumetto, introduce una distanza, uno scarto, che è misura della sua distaccata distinzione, nei confronti della percezione "di primo grado", e questo spostando l'interesse dal "contenuto", personaggi, peripezie, ecc., alla forma, agli effetti propriamente artistici che non si possono apprezzare se non in relazione, attraverso un confronto con altre opere che esclude completamente l'immersione nelle caratteristiche particolari dell'opera in quanto tale. Distacco, disinteresse, indifferenza, di cui la teoria estetica ha ripetuto tante volte che costituiscono l'unico modo di riconoscere l'opera d'arte per quello che è, autonoma, selbständing, al punto che si finisce per dimenticare che significano veramente disinvesti mento, distacco, indifferenza, vale a dire rifiuto di lasciarsene investire e di prenderla sul serio." (p. 32)
BOURDIEU, Pierre: La distinzione. Critica sociale del gusto. Il Mulino. Bologna, 2001.
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